GUIDA PRATICA PER ACCETTARE IL DOLORE CRONICO
“Mi sento chiuso in una gabbia.”
“E’ come aver un cane che mi morde!”
“Questo continuo fastidio mi fa venir voglia di mollare tutto.”
Queste son solo alcune delle espressioni e delle metafore che quotidianamente sento pronunciare dai miei pazienti che stanno vivendo un particolare momento della loro vita nel quale stanno provando una nuova sensazione: il dolore.
Prima di andare a discernere le cose più importanti sul dolore, sai realmente cos’è?
La IASP (acronimo di inglese di Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore) nel 2019 lo ha definito come un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno.
In parole un po' più semplici si tratta quindi di una sensazione SOGGETTIVA, che ti avvisa che nel tuo corpo c’è qualcosa di danneggiato, che si sta danneggiando o che si può danneggiare. Il dolore è quindi un ALLARME che ti segnala che qualcosa non va e che consiglia quindi al tuo cervello di mettere in protezione la zona del corpo dal quale proviene questo segnale.
Ad esempio se prendi una “storta” alla caviglia, la sensazione di dolore che vai a provare fa sì che tu non vada più a caricare sulla caviglia, per promuovere fin da subito il processo di riparazione.
Il fatto che sia soggettiva ti fa capire che ognuno la percepisce in un modo differente e che quindi ci troviamo di fronte ad una sensazione che non è catalogabile ed è difficile da affrontare, sia per chi la percepisce e sia per noi clinici che abbiamo il compito di stopparla o perlomeno ridurla.
Quindi che si fa?
Con questa mia guida voglio provare a dare un senso al dolore che tu stai provando cercando di essere il più facilmente comprensibile ed evitando, per quanto possibile, mega-paroloni medici che spesso non fanno altro che preoccupare.
Dopo aver scoperto l’essenza del dolore cerchiamo di capire come si sviluppa.
Immaginiamo due miei amici: Carlo e Giovanni. Entrambi di 35 anni.
Carlo sta facendo trasloco. Mentre solleva uno scatolone assai pesante sente una forte fitta alla schiena. Tuttavia Carlo è felicemente fidanzato da molti anni e fa trasloco per andare a convivere con la sua futura moglie; è stato appena assunto a tempo indeterminato in una fabbrica nella quale ha sempre sognato di lavorare; non ha molti amici ma quei pochi che ha, lo aiuterebbero al suo primo cenno di necessità, ed infine fa molto sport: 3-4 volte a settimana.
Anche Giovanni sta facendo trasloco. E come Carlo mentre solleva uno scatolone sente una forte fitta alla schiena. Tuttavia Giovanni sta facendo trasloco siccome ha appena divorziato; è da 6 mesi in cassa integrazione e non sa se la fabbrica nella quale lavora riaprirà; ha molti amici ma nessuno su cui fare veramente affidamento; l’unica attività motoria che fa è andare a passeggiare la domenica sera (se c’è bel tempo).
A distanza di una decina di giorni Carlo non ha quasi più nessun fastidio. Non ha assunto farmaci ma soprattutto non si è preoccupato eccessivamente della problematica. Infatti in passato gli era accaduta una cosa simile e, essendosi rivolto da un fisioterapista che gli aveva spiegato la natura del suo dolore e che lo aveva educato su come comportarsi nel caso fosse capitato nuovamente, sapeva già cosa fare e che non c’era nulla da temere.
A distanza di una decina di giorni invece Giovanni ha molto più dolore, e la cosa lo limita in qualunque movimento della sua vita quotidiana. Nonostante abbia preso 2 pastiglie di Tachipirina al giorno, abbia prenotato una radiografia alla schiena ed abbia provato a far esercizi contro il mal di schiena che aveva trovato su Youtube. Man mano che passano i giorni la preoccupazione di Giovanni verso questo mal di schiena è esponenzialmente aumentata.
Questa storia è inventata, ma quotidianamente mi capita di vedere persone che si rivolgono da me con vicende simili. Qual è la morale di tutto ciò? Carlo e Giovanni, ragazzi di pari età, si sono infortunati nella medesima modalità. Quindi in entrambi i casi lo stimolo nocicettivo (doloroso) che va dalla schiena al sistema nervoso centrale è lo stesso. Ciò che cambia è la situazione alle spalle di questi due ragazzi e come il loro sistema nervoso centrale reagisce a questo stimolo.
Ed è per questo che precedentemente parlavo del dolore come un qualcosa di soggettivo. Il cervello di ognuno di noi lo rielabora in base alla situazione che sta vivendo. Ed i fattori BIO-PSICO-SOCIALI (cioè i fattori genetici, neurali, culturali, sociali, psicologici, economici, familiari, ecc..) sono determinanti nella percezione del dolore e, in ambito muscolo-scheletrico, nell’instaurarsi del DOLORE CRONICO.
Tutto ciò avviene perché, in partenza, lo stimolo doloroso non è preciso. Segnala semplicemente che c’è un pericolo ma non quanto grave esso sia, spesso non è neanche molto preciso, ma soprattutto può NON esserci dolore pur con un danno esteso (1) e viceversa può esserci dolore senza un danno (2).
(1): mi rompo una gamba, tuttavia una volta che è nel tutore (o gesso) non mi fa più male.
(2): come nel caso di Giovanni; a distanza di 10 giorni percepisce sempre dolore alla schiena. Tuttavia in questo lasso di tempo il piccolo infortunio che aveva avuto si è sicuramente riparato, ma lui ha sempre male.
Come mai?
Ricevuto il segnale doloroso, il cervello deve quindi decidere se credere alla segnalazione appena arrivata. Può farlo AMPLIFICANDO il dolore tramite dei recettori presenti nel midollo spinale, che al persistere del dolore, saranno sempre più sensibilizzati, aumentando sempre più lo stimolo doloroso.
Se invece il cervello non ritiene così importante lo stimolo doloroso può INIBIRLO, riducendo il dolore. Questo processo si chiama Inibizione Discendente ed è quello che noi fisioterapisti cerchiamo di promuovere per far stare meglio i nostri pazienti. Il più grande mezzo che abbiamo per farlo è l’ESERCIZIO TERAPEUTICO (tutti quegli “esercizietti” che proponiamo in studio e che è fondamentale vengano quotidianamente performati a casa).
Ma qual è il processo decisionale che fa scegliere al cervello di amplificare o inibire gli stimoli dolorosi?
Sono molti i fattori che influenzano il cervello nell’analisi del dolore. In particolar modo si andranno ad attivare tutte quelle aree del sistema nervoso centrale responsabili di quei fattori, che assieme cercheranno di prendere una decisione amplificando od inibendo lo stimolo doloroso. E tutto ciò viene esasperato quando il dolore continua a persistere. Infatti nelle problematiche muscolo-scheletriche quali mal di schiena, mal di collo, dolore alle spalle, alle ginocchia, ai gomiti, ecc., fattori come credenze errate, pensieri negativi e forte ansia (solo per citarne alcuni) fanno sì che il cervello sia sempre più sensibilizzato a quello stimolo doloroso causando un processo denominato di SENSIBILIZZAZIONE.
È quasi come se si imparasse ad avere più dolore nonostante il corpo stia guarendo. Si tratta di un processo che tende ad autoalimentarsi ed a svilupparsi nel tempo (non accade in un paio di giorni!!).
Il dolore che si prova viene amplificato da fattori negativi (ansia, preoccupazione, paura del movimento), facendo sì che i recettori del dolore ed il cervello siano sempre più sensibili verso lo stimolo doloroso, abbassando la soglia del dolore che verrà percepito sempre più e nuovamente rafforzato dai fattori negativi e così via; trasformandosi in DOLORE CRONICO. Nasce questo circolo vizioso che porta delle modifiche a livello neuronale centrale e viene rafforzato da continue reazioni chimiche. Ma non entrerò nello specifico per non tediarti oltre.
Allora come si fa ad evitare questo processo? Come si fa a rompere questa cascata di eventi e a ritornare a stare bene?
Di seguito troverai elencati piccoli consigli per ACCETTARE il DOLORE CRONICO:
-DOLOROSO NON SIGNIFICA DANNEGGIATO. Il dolore può essere presente anche senza un danno tissutale. Anzi non è mai direttamente proporzionale al danno anatomico. Va quindi interpretato e controllato affinché non si instauri un processo di iperprotezione (dannosa) della zona. Questo dev’essere un must che d’ora in avanti, se affetto da dolore cronico, dovrai continuamente ripetere nella tua testa.
-IL DOLORE SERVE E BISOGNA AVERNE RISPETTO, MA NON PAURA. È un allarme molto sensibile ma poco specifico e preciso.
-EVITA DI PREOCCUPARTI ECCESSIVAMENTE. Alimenti solamente quel processo di sensibilizzazione al dolore, abbassando la soglia di quest’ultimo. Per cercare di rilassarti fai lunghi respiri profondi, soprattutto quando ti senti affannato dal dolore. Oppure adotta tecniche di rilassamento quali yoga, tai chi o qualunque cosa tu conosca e che già sai che ti può dar sollievo.
-NON AVER PAURA DI MUOVERTI. Più stai fermo e coricato a letto e più dolore percepirai. In particolar modo svolgi le attività motorie che più ti piacciono e che ti permettono di provar meno dolore. Vai a camminare, in bici, a nuotare… Non c’è nessuna attività migliore dell’altra, fai quella che più ti giova. Inizia a farla gradualmente e vedi come si comporta il tuo dolore. Tutto ciò in accordo e su consiglio del tuo terapista.
-IL DOLORE NON SIGNIFICA DEBOLEZZA. Non credere di essere fragile o di poterti rompere da un momento all’altro. Sei semplicemente più sensibile al dolore. Tuttavia il nostro cervello ha la grande capacità di modificarsi continuamente. Quindi tutto ciò che stai provando è al 100 % reversibile.
-IL DOLORE NON È NELLA TUA TESTA. Leggendo questo articolo potresti pensare che il dolore riguarda solamente il tuo cervello e la tua psiche. Non è assolutamente così! I tuoi pensieri possono influenzare il cervello, ma il dolore che stai provando è reale, non immaginato, perché c’è sempre un corpo che influenza il cervello ed un cervello che influenza il corpo.
-GESTISCI IL SONNO. Cerca di dormire ogni giorno il quantitativo di ore più adatto per te. Oramai qualunque studio in letteratura medica conferma quanto sia importante per gli sportivi professionisti dormire il numero di ore corretto per rendere al meglio. Tu fai lo stesso per abbassare il tuo dolore.
-ALIMENTATI IN MANIERA SANA. Preferisci cibi meno elaborati rispetto ai fritti e a tutto ciò che è grasso e più impegnativo da digerire. Nel caso tu voglia avere un aiuto più adeguato e specifico rivolgiti ad i professionisti del settore.
-se ti è capitato qualcosa di brutto o spiacevole, PARLANE CON QUALCUNO. Aver avuto delusioni amorose, lavorative o di altro tipo favorisce l’instaurarsi del dolore cronico. Sfogarsi con qualcuno di fidato può essere di grande aiuto. Rivolgersi ad uno psicologo è inoltre un’ottima soluzione per affrontare queste tematiche.
-RICAVA DEL TEMPO DA DEDICARE A TE STESSO. Avere una vita frenetica e senza un attimo di sosta può non aiutare. Ritagliati del tempo da occupare nella maniera migliore che preferisci; magari guardando la tua serie tv preferita o uscendo con gli amici o come detto precedente per far dell’attività motoria.
-FAI ATTENZIONE A COME TI DOCUMENTI SU INTERNET. Spesso cercando risposte sul web, puoi imbatterti in fake news o in articoli non corretti dal punto di vista scientifico. Lo stesso vale per le opinioni del vicino di casa o del conoscente che ti dice di aver avuto la tua stessa problematica. Stessi problemi, nella stessa parte del corpo, possono svilupparsi in milioni di modi diversi. Di conseguenza ciò che ha fatto bene a lui, può non aiutarti o addirittura essere dannoso per te.
-RIVOLGITI DA UN PROFESSIONISTA QUALIFICATO ED ABILITATO. Controlla sempre che la persona presso la quale ti rivolgi sia laureato e che, a norma di legge, possa realmente occuparsi dei tuoi problemi.
-NON PRENOTARE ESAMI. Se non hai ancora visto un professionista evita di prenotare esami diagnostici per conto tuo. Recenti studi hanno inoltre dimostrato che la radiografia, la risonanza magnetica e la TAC sono poco utili e sensibili per i dolori muscolo-scheletrici. Nel caso tu debba fare uno di questi esami, sarà un professionista a consigliartelo o prescrivertelo.
-IL FISIOTERAPISTA È LA FIGURA PIU’ ADATTA PER TE. Essendo una figura formata ed in continuo aggiornamento sulle problematiche muscolo-scheletriche e sui meccanismi del dolore è la persona che può realmente aiutarti ed educarti su come far fronte a queste tipologie di problemi. Nel caso non reputi di essere adatto per la tua problematica, avrà la conoscenza e le capacità di consigliarti il professionista che potrebbe fare al caso tuo.
In questo articolo ho utilizzato un linguaggio molto semplice ed ho cercato di evitare, per quanto possibile, il gergo medico. Inoltre non ho citato alcuna fonte delle notizie che son andato a proporre, nonostante tutto ciò che è stato scritto proviene da concetti presenti in letteratura e che attualmente rappresentano la massima conoscenza in ambito medico-scientifico riguardo al dolore e al dolore cronico.
Queste sono state due scelte volute perché la mia intenzione non era sviluppare un articolo che potesse essere pubblicato da riviste scientifiche, ma sviluppare contenuti accessibili a tutti coloro che sono affetti da dolore cronico o che semplicemente vogliano saperne di più.
Un piccolo aiuto per gestire un problema assai diffuso e spesso poco conosciuto.
Stefano